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UN ORGANO DI LEGNO NEL CUORE DELLE DOLOMITI


La parrocchia di San Nicolò a Fusine, in val di Zoldo, conserva uno organo unico al mondo.



 

 

Il Pelmo, da molti considerata la montagna più bella delle Dolomiti.

forse perché, così isolato, si staglia nell’azzurro del cielo ovunque nella valle sottostante.

forse per quell’aspetto da gigantesco trono scolpito nel versante sud, talmente  imponente da avergli valso il soprannome di “trono di Dio”.
Il Pelmo domina la val Zoldana, valle ricca di tradizioni antiche, e meno turisticizzata di altre zone delle Dolomiti, almeno d’estate.

Ai piedi della Forcella Staulanza, passo che chiude ad ovest la valle, c’è un piccolo borgo, che conta solo 267 abitanti. Il borgo è chiuso attorno alla sua piccola chiesa che custodisce un tesoro unico al mondo.

Si tratta della Chiesa Arcipetrale di San Nicolò, nel centro di Fusìne, che è il nome del borgo, risalente al ‘400, per cui molto antica.

Nonostante il borgo fosse piccolo, probabilmente allora erano ancora meno gli abitanti, non si volle far mancare, alla parrocchia della comunità, un organo a canne che, per diverse ragioni e vicissitudini, non è stato possibile costruire con canne di stagno o piombo.
Infatti le canne di facciata e gran parte delle altre sono costruite col legno.

Questa particolarità lo rende unico al mondo, e di un inestimabile valore storico.

Parliamo naturalmente delle canne di facciata e gran parte delle canne ad anima, cioè di canne dalla sezione rotonda e non quadrata, come le canne di legno, del tipo a flauto normalmente presenti in gran parte degli organi.

La ragione di questa scelta, operata nel 1798 da un organaro nato nella stessa Fusìne, Agostino di Marco, Brunèt di Brusadàz per il popolo zoldano, non è ben chiara, ma sicuramente dipese sia dalla mancanza di materia prima, sia dalla crisi economica in cui cadde l’intera Repubblica di Venezia intorno a quegli anni, sia per la mancanza di fondi.

Un inventario dei beni della chiesa di San Nicolò di Fusìne, datato 5 luglio 1820 è il documento più
antico che attesta l’esistenza di questo strumento straordinario (1).

Dunque, con molta pazienza, le canne di questo organo unico, sono state ricavate nei legni della valle: L’abete rosso ed altri legni.
Chi segue gli articoli di grandorgano.it sa che sono stati già illustrati almeno altri due organi simili per scelta di materiali:

L’organo a canne di bambù de Las Piñas, nelle Filippine, e  l’organo a canne palustri di Pettineo, in provincia di Messina.

Ma il materiale, per quegli organi,  era già pronto per l’uso: bambù e canne sono già in forma cilindrica, bastava tagliarle a misura e renderle suonàbili.  

Qui invece le canne sono state costruite con una particolare tecnica di falegnameria degna più di un laboratorio di liuteria che di un organaro.
L’organo è stato restaurato dal 2017 dalla ditta Fratelli Ruffati, che ha proceduto ad un accurato esame di tutte le sue parti.  Grazie all’uso di telecamere interne è stato possibile risalire alla modalità costruttiva.

Inoltre gran parte del mobile risulta dall’assemblaggio di parti ricavate da organi dismessi nelle parrocchie circostanti, probabilmente da conventi e monasteri dismessi dalla politica devastante di Napoleone Bonaparte dopo la caduta della Repubblica Veneziana il 12 maggio 1797.

Vediamo in breve come si presuppone siano state costruite queste canne:

1 - Un asse di abete,

2 - utilizzando una pialla con lama convessa, viene svuotato in forma cilindrica al suo interno, creando una metà della canna.

3 - Due metà contrapposte venivano incollate tra di loro.

4 - Successivamente si procede a rendere cilindrica la parte esterna della canna con l’ausilio di un tornio.

Prima di incollare il piede, in forma troncoconica creato costruito con la stessa tecnica, viene incollata l’anima.
Infine viene creata la sede della bocca alla quale sono incollate le parti che la costituiscono.

La canna viene successivamente verniciata e messa al suo posto in bella mostra.


L’organo di legno di Fusìne divenuto una delle attrazioni turistiche più significative della val di Zoldo.

 

1) “news Fratelli Ruffati” novembre 2017



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